martedì 27 novembre 2012

I Promessi Sposi - Part Two: Eclipse


Non mi dilungherò sulla «splendida carrellata quasi cinematografica ecc… ecc…» tanto Manzoni l’ha copiata da Dante che a sua volta l’aveva copiata da Virgilio, quindi passiamo ad altro.
Il primo personaggio che incontriamo è Don Abbondio che il 7 novembre del 1628 (tutto si può dire a Manzoni, ma non che non fosse preciso) se ne sta tornando a casa e si imbatte in due scagnozzi di Don Rodrigo, i bravi. Ora, la leggenda vuole che si trattasse del Nibbio e del Griso, in realtà però Manzoni non esplicita mai i loro nomi, tanto più che il Nibbio era il bravo dell’Innominato. Per chi non l’avesse capito questa è la chicca da sparare durante le interrogazioni/esami e fare il figo con la prof.
Ad ogni modo le due brave personcine intimano al prete di non sposare Renzo e Lucia il giorno seguente, cosa che il religioso, seppur con un po’ di riluttanza, è ben disposto a fare pur di non pigliarle di santa ragione. Bisogna fare a questo punto una riflessione: non c’è critico al mondo che non consideri Don Abbondio un personaggio con forti sfumature negative. Personalmente non sono affatto d’accordo: Don Abbondio è un tipo pacifico, che ha scelto di fare il prete per stare tranquillo, mica per andare in missione in Congo. Se poi ci aggiungiamo che la zona di Lecco nel ‘600 aveva un tasso di criminalità così alto che le Vele di Scampia a confronto sono dei graziosi chalet sul Lago di Ginevra, potete capire che il pover’uomo tutti i torti non li aveva.

Comunque il prete, da bravo ecclesiastico vecchio stile, pensa bene di non fare nemmeno un colpo di telefono (si fa per dire) ai futuri sposi, così la mattina dopo Renzo, che già pregustava le gioie coniugali, recatosi dal sacerdote si sente dire che mancano ancora delle formalità. A questo punto del romanzo lo studente e il lettore medio rimangono un attimo spiazzati, la scena che si presenta è la seguente: mi devo sposare, Lucia sta agghindata peggio di una gallina padovana e io che faccio? Urlo un po’ e me ne vado? La spiegazione è semplice: innanzitutto non è che Renzo poteva andare dai carabinieri a denunciare Don Rodrigo, in secondo luogo la reazione relativamente composta del giovane dipende dai seguenti fattori:
  •          Non ha dovuto spendere 20.000 euro in bomboniere di purissimo cristallo di Boemia
  •           Non è stato costretto consumare l’intera liquidazione per prenotare il ristorante per 350 persone
  •          Lucia non l’ha tenuto dodici ore in ostaggio all’Ikea per decidere quale colore dei mobili della cucina si intonasse meglio con quello del ramo del lago di Como


Venuto a sapere che il responsabile di tutto è Don Rodrigo (anche grazie a una mezza confessione di Lucia), Renzo decide di affidarsi alla consulenza di un esperto: l’avvocato Azzeccagarbugli. Questo personaggio è un esempio della modernità di Manzoni, oltre a dimostrare quanto la professione forense sia rimasta coerente nel corso dei secoli perché:
    •         Non ha la minima idea di cosa si stia parlando
    •         Gli interessano solo i soldi
    •         Appena capisce che si può compromettere politicamente lascia perdere

Capito che non si cava un ragno dal buco Agnese, madre di Lucia, finalmente prende le redini della situazione, mette da parte i due imbranati e decide di chiedere aiuto a un altro religioso: Fra Cristoforo. Com’è noto San Cristoforo è il protettore degli automobilisti (ma anche dei viandanti), ironicamente il frate, che all’ “anagrafe” faceva Lodovico, decide di prendere i voti proprio per una questione di viabilità stradale, roba del tipo: «c’ho io la precedenza», «non sai chi sono io», «forse non hai capito con chi stai parlando» e altre amenità del genere. A seguito della suddetta discussione Lodovico fa secco l’altro e per il rimorso decide di fare il Cappuccino (e qui le facili battute si sprecano).

Dopo il tentativo fallito da parte del frate di convincere Don Rodrigo che Lucia non è poi mica Miss Universo, e quello di Renzo di mettere Don Abbondio davanti al fatto compiuto (e non è quello a cui state pensando), Fra Cristoforo consiglia ai due di scappare presso alcuni suoi confratelli. Con questo pretesto Manzoni costruisce una delle pagine più commoventi della storia della letteratura: il cosiddetto Addio ai monti, di cui non posso esimermi dal parlare, almeno non prima che abbiate letto questo disclaimer:



Bòn, adesso che abbiamo messo in chiaro le cose possiamo discutere serenamente. Ora vi dovrei parlare di questo addio lacerante, che strazia il cuore solo a ricordarlo, di come esso rappresenti la spiritualità di Lucia tramite il movimento verticale, ma sento già russare. Non voglio entrare nel merito della meravigliosa poetica dell’ Addio ai monti, però è un dato di fatto che studiarlo a scuola sia controproducente. Lo studente medio infatti alla fine del capitolo VIII del romanzo cade in uno stato di trance neurovegetativa: rivoli di bava fuoriescono dalle bocche semiaperte di quelle che una volta erano giovani testoline avide di sapere. La verità (la MIA verità) è che l’Addio ai monti è una palla mortale che si può apprezzare solo si verifica almeno una delle seguenti circostanze:

  1. Se si è della provincia di Lecco
  2. Se si legge I Promessi Sposi senza essere costretti dalla scuola, dal professore o dal Papa

E ora possono partire i 92 minuti di applausi.

Nel prossimo post ci avvieremo verso la parte centrale e (finalmente) la conclusione del romanzo.  

lunedì 19 novembre 2012

I Promessi Sposi: New Moon


Solitamente nella vita di uno studente arriva il momento in cui ci si chiede: “Perché devo studiare I Promessi Sposi?”. I motivi sono almeno due: innanzitutto è l’opera fondante dell’italiano moderno, poi nel 1868 il ministro dell’Istruzione Broglio creò una commissione per la questione delle lingua e… indovinate chi era il presidente? Vabbè, comunque principalmente perché è l’opera fondante dell’italiano moderno.
I Promessi Sposi è un romanzo storico, cioè i protagonisti sono inventati ma incontrano personaggi esistiti davvero e si muovono in uno scenario reale, cioè, nel nostro caso, la Lombardia del 1600 (si, lo so che Bergamo all’epoca non era in territorio lombardo, ma devo semplificare, o no?). Manzoni sceglie proprio questo periodo probabilmente per un’affinità con la sua epoca (per chi non lo sapesse il XIX secolo), cioè Manzoni vive nella Milano occupata dagli austriaci, perciò decide di ambientare il suo romanzo nella Milano del XVII secolo, quando la città era occupata dagli spagnoli, quindi il nostro furbacchione nell’Introduzione dice di aver trovato un manoscritto che lui pubblica in buona fede.  Gli austriaci si sono mai accorti dell’astuto stratagemma, o erano del tutto deficienti? Non ci è dato saperlo.
Prima di affrontare questo poderoso romanzo è necessario fare almeno tre precisazioni:

1.      Il ramo del lago di Como, non ha niente a che fare con gli alberi
2.      Lucia non è moscia, il che tradotto in termini letterari significa «non è un personaggio passivo»
3.      La Monaca di Monza non è una specie di prostituta. Ma forse questo punto sarebbe da approfondire…

Ora, cos’è che ci dicono a scuola fino alla nausea? Che tutta la baracca la manda avanti la Provvidenza. Potrò sembrarvi prosaico e scurrile, ma vi posso assicurare che il vero motore dell’azione, il perno su cui la struttura della trama ruota, è uno solo: la patata.
Prima di catalogarmi come quello che vuole scioccare a tutti i costi (e di questi tempi per riuscirci dovrei sposare un alpaca cileno con il permesso di soggiorno scaduto mentre Barbara D’Urso ci chiede come abbiamo fatto a superare le barriere culturali che ci dividono), vi invito a considerare che l’impianto narrativo dei Promessi Sposi si può sintetizzare nel modo seguente:

-          Lucia vuole darla a Renzo
-          Lucia non vuole darla a Don Rodrigo
-          Lucia non può darla né a Renzo né a Don Rodrigo
-          Lucia finalmente la dà a Renzo

E sfido chiunque a contraddirmi.

Ma veniamo ai personaggi principali: Renzo, promesso sposo di Lucia con l’attitudine a voler massacrare, uccidere, liquefare ma in tutto il romanzo non schiaccia nemmeno una mosca, avendo un mestiere di filatore alle spalle, Manzoni gli affibbia il cognome Tramaglino; Lucia, ragazza che solo alla fine del libro scopriremo di una bellezza talmente scialba da far rimanere delusi anche i cugini di Renzo (e non è che fossero abituati a rimorchiare al Billionaire), l’autore per il candore del personaggio le dà il cognome Mondella; Don Rodrigo, simpaticissimo perdigiorno di origini spagnole che ha come hobby quello di insidiare le fanciulle del villaggio ai piedi del suo castello, che ci vuoi fare, so giovani.
Come potete capire ci troviamo davanti al classico schema di Bachtin che ripropongo qui sotto:



Il che ci porta a fare due considerazioni: Twilight non è altro che il remake malriuscito dei Promessi Sposi; Mario Merola era un formalista russo.

Nel prossimo post entreremo nel vivo della storia.

mercoledì 14 novembre 2012

Le dovute presentazioni...

Si sentiva la mancanza di un altro blog? Probabilmente la risposta che state per darvi è: No! Eppure eccomi qui, nel bene, o se preferite, nel male.
Senza entrare inutilmente in dinamiche di tipo freudiano, permettetemi di dirvi chi sono.
Laureato in Filologia Moderna (non andatelo a cercare su Wikipedia, ve lo dico io, è tipo Lettere Moderne) con 110 e lode e dopo un percorso di studi aberrante (un anno di biologia e tre di medicina), eccomi qui giovane promessa (di che?) in cerca del suo primo impiego.
Che poi la questione "primo impiego" è forse ancora più aberrante della mia vita universitaria: devi avere esperienza per lavorare e lavorare per avere esperienza. Sto maturando la convinzione che quelli che lavorano provengano da un universo parallelo in cui si nasce già con l'esperienza...
Ma forse sto un po' divagando.
Ho deciso di cominciare a scrivere su un blog per due motivi: innanzitutto una volta mandato quei 2500-3000 curricula al giorno non so poi che fare; in secondo luogo per una considerazione sulla mia attività professionale.

Già, perché seppure "giovane promessa" qualcosa la so fare, cioè do lezioni private a domicilio (la tentazione di scrivere "faccio il ripetitore" è stata forte). Ebbene, nella mia decennale esperienza, ho notato che spesso gli studenti equivocano la letteratura italiana, dando vita a leggende metropolitane difficili da seppellire (non avete mai sentito parlare della costola di D'Annunzio, no eh?).
Adesso io non ho la presunzione di mettermi lì a insegnare la letteratura, pure perché prima che un neolaureato insegni ne devono passare di cammelli per la cruna dell'ago, tuttavia vorrei semplicemente dare una lettura un po' meno istituzionale dei grandi classici. Se poi ci riesca effettivamente è tutto da vedere...