lunedì 19 novembre 2012

I Promessi Sposi: New Moon


Solitamente nella vita di uno studente arriva il momento in cui ci si chiede: “Perché devo studiare I Promessi Sposi?”. I motivi sono almeno due: innanzitutto è l’opera fondante dell’italiano moderno, poi nel 1868 il ministro dell’Istruzione Broglio creò una commissione per la questione delle lingua e… indovinate chi era il presidente? Vabbè, comunque principalmente perché è l’opera fondante dell’italiano moderno.
I Promessi Sposi è un romanzo storico, cioè i protagonisti sono inventati ma incontrano personaggi esistiti davvero e si muovono in uno scenario reale, cioè, nel nostro caso, la Lombardia del 1600 (si, lo so che Bergamo all’epoca non era in territorio lombardo, ma devo semplificare, o no?). Manzoni sceglie proprio questo periodo probabilmente per un’affinità con la sua epoca (per chi non lo sapesse il XIX secolo), cioè Manzoni vive nella Milano occupata dagli austriaci, perciò decide di ambientare il suo romanzo nella Milano del XVII secolo, quando la città era occupata dagli spagnoli, quindi il nostro furbacchione nell’Introduzione dice di aver trovato un manoscritto che lui pubblica in buona fede.  Gli austriaci si sono mai accorti dell’astuto stratagemma, o erano del tutto deficienti? Non ci è dato saperlo.
Prima di affrontare questo poderoso romanzo è necessario fare almeno tre precisazioni:

1.      Il ramo del lago di Como, non ha niente a che fare con gli alberi
2.      Lucia non è moscia, il che tradotto in termini letterari significa «non è un personaggio passivo»
3.      La Monaca di Monza non è una specie di prostituta. Ma forse questo punto sarebbe da approfondire…

Ora, cos’è che ci dicono a scuola fino alla nausea? Che tutta la baracca la manda avanti la Provvidenza. Potrò sembrarvi prosaico e scurrile, ma vi posso assicurare che il vero motore dell’azione, il perno su cui la struttura della trama ruota, è uno solo: la patata.
Prima di catalogarmi come quello che vuole scioccare a tutti i costi (e di questi tempi per riuscirci dovrei sposare un alpaca cileno con il permesso di soggiorno scaduto mentre Barbara D’Urso ci chiede come abbiamo fatto a superare le barriere culturali che ci dividono), vi invito a considerare che l’impianto narrativo dei Promessi Sposi si può sintetizzare nel modo seguente:

-          Lucia vuole darla a Renzo
-          Lucia non vuole darla a Don Rodrigo
-          Lucia non può darla né a Renzo né a Don Rodrigo
-          Lucia finalmente la dà a Renzo

E sfido chiunque a contraddirmi.

Ma veniamo ai personaggi principali: Renzo, promesso sposo di Lucia con l’attitudine a voler massacrare, uccidere, liquefare ma in tutto il romanzo non schiaccia nemmeno una mosca, avendo un mestiere di filatore alle spalle, Manzoni gli affibbia il cognome Tramaglino; Lucia, ragazza che solo alla fine del libro scopriremo di una bellezza talmente scialba da far rimanere delusi anche i cugini di Renzo (e non è che fossero abituati a rimorchiare al Billionaire), l’autore per il candore del personaggio le dà il cognome Mondella; Don Rodrigo, simpaticissimo perdigiorno di origini spagnole che ha come hobby quello di insidiare le fanciulle del villaggio ai piedi del suo castello, che ci vuoi fare, so giovani.
Come potete capire ci troviamo davanti al classico schema di Bachtin che ripropongo qui sotto:



Il che ci porta a fare due considerazioni: Twilight non è altro che il remake malriuscito dei Promessi Sposi; Mario Merola era un formalista russo.

Nel prossimo post entreremo nel vivo della storia.

2 commenti:

  1. la monaca è una baldracca da qui il detto le figlie di maria son le prime a darla via

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    1. Il detto non lo conoscevo. Non si finisce mai di imparare...

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