giovedì 14 marzo 2013

Decameron di Boccaccio: ragazzi, venite che c'ho la villa libera


I letterati sono gente strana. Non mi riferisco al fatto che crediamo di poterci fare una vita con la cultura, quello sarebbe il meno, è che noi abbiamo la scala dei problemi totalmente sfasata. La crisi economica, la questione mediorientale, le energie rinnovabili? Per uno che ha studiato Lettere quella è roba da Miss Italia, tipo quando vince e Carlo Conti le  chiede:

«Allora cosa ti senti di dire?»
«Vorrei ringraziare la mia mamma, il mio papà e vorrei la pace nel mondo»

Un letterato ti tiene segregato due ore a parlare della Congiura di Catilina, si commuove per la peste del Seicento descritta da Manzoni manco l’avesse vissuta in prima persona e quando inizia un discorso sul ruolo della Francia nell’economia europea non vi lasciate ingannare: quasi sicuramente sta parlando di Vercingetorige.

In realtà tutto ciò non è sintomo di profonda cultura, quanto piuttosto del fatto che non avendo un lavoro come tutta la gente normale è costretto a passare il tempo e a sfogarsi in questo modo, almeno quando non è impegnato a piangersi addosso dicendo frasi del genere: «Dovevo nascere cinquant’anni fa, all’epoca sì che i laureati in Lettere erano apprezzati». Naturalmente in questa profonda analisi storico-sociale non tiene conto che attualmente ci sono precari della scuola ultrasettantenni.

Per quanto mi riguarda, io sfogo la mia frustrazione nel modo più molesto che un letterato possa concepire: correggendo gli altri. A dire la verità questa fastidiosa abitudine si manifesta nel soggetto molto prima che si laurei, come quando a quattordici/quindici anni ci si scambiano gli sms fra fidanzatini:



Ecco perché ci riproduciamo più lentamente dei panda e dei gorilla di montagna.

Chi soffre di questa patologia conduce una vita triste, nell’attesa di infierire crudelmente sull’apparato riproduttivo del povero malcapitato che abbia messo una Z in più in civilizzazzione. E non si limita ai conoscenti: frequenta blog che legge attentamente nemmeno fossero contratti Telecom, spulcia i tweet di giornalisti e politici per coglierli in fallo e poi postare al mondo il risultato, frequenta pagine Facebook correggendo amministratori e commentatori facendo emergere in loro i più brutali istinti forcaioli. Il buon senso non serve a niente, quando vediamo un errore diventiamo cani da caccia, una volta fiutato il sangue dobbiamo attaccare. Una volta ho discusso per tre giorni con il frequentatore di un gruppo (no, non era Gli ossessivo-compulsivi dell’ospedale psichiatrico) perché usava in maniera impropria la parola fandonia, come ogni buon tossicomane che si rispetti mi sono reso conto dell’atrocità delle mie azioni solamente dopo.

Ma signori miei, questo è niente, dove noi diamo il massimo, dove raggiungiamo l’apice di questa malata soddisfazione è quando sbagliano i professionisti, come i telegiornali. Non mi riferisco agli errori di battitura della striscia del Tg2 del tipo:

«Il presidento Nappolitano ha chiesto di abasare i tonni»

Quello che ci fa infuriare è più sottile, come l’uso di assolutamente:

«Lei è d’accordo con questa decisione?»
«Assolutamente»

Assolutamente cosa? Assolutamente è un avverbio, ci devi mettere qualcosa vicino, un sì, un no, un panino col salame, una qualsiasi cosa, ma da solo non ci può stare.

Personalmente ciò che mi provoca una serie di tic a ripetizione è l’uso scorretto dell’aggettivo boccaccesco, nel senso di pruriginoso, sporcaccione. Questa piccola parolina ha dato origine a uno dei più grandi equivoci della storia della Letteratura: Boccaccio è stato il maestro spirituale di Martufello.
Tuttavia la questione non è priva di aspetti positivi, infatti negli studenti più smaliziati, quando si parla di Boccaccio, si attivano nientemeno che tutti i diciotto neuroni dell’ACIDA (Area delle Cose Inutili Da Assimilare). In un adolescente medio di sesso maschile questa zona rappresenta il 2% del cervello e qui vengono immagazzinate le materie scolastiche e le raccomandazioni dei genitori, il restante 98% serve per la ricerca, catalogazione e archiviazione dei video di Belèn Rodriguez (non vi illudete anche le femminucce hanno l’ACIDA). Così mentre i giovani virgulti appena sentono nominare il Decameron sono convinti sia la versione medievale dei film dei fratelli Vanzina, il professore, manco fosse Morpheus in Matrix, può approfittare di questa falla del sistema per rifilare loro un pippone di due ore sul grandissimo autore fiorentino.

Ma vediamo effettivamente cos’è il Decameron.

Giovanni Boccaccio nasce a Certaldo nel 1313, probabilmente da una donna di umili origini e da Boccaccio Boccaccino (che, nonostante il nome, non era parente né del Cappuccino, né del Mocaccino). Il padre lavorava per la Compagnia de’ Bardi, che all’epoca era l’equivalente di una holding multinazionale con affari in tutto il mondo. A quattordici anni Giovanni e il padre si trasferiscono a Napoli per affari e qui il futuro scrittore inizia prima a cercare di apprendere i segreti del mestiere paterno, poi si dedica al diritto canonico, in realtà però il ragazzo non ne vuole sapere e invece di iscriverlo alla Scuola Radio Elettra per farne un eccellente consulente dell’Expo di Milano, il padre decide di lasciarlo libero di dedicarsi alla sua passione per la scrittura. Pensate che sfortuna per i milanesi!
Durante questo soggiorno nasce la figura di Fiammetta che solo per uno sfortunato caso del destino ha lo stesso nome della conduttrice di Wild, programma che costringerebbe Gandhi a rivedere le sue posizioni sulla non violenza e sul diritto di espressione. Come altre donne della letteratura (vedi Beatrice e Laura), Fiammetta è naturalmente solo un destinatario ideale delle poesie, probabilmente non è mai esistita e se è esistita magari si chiamava Concetta e nemmeno sapeva dell’esistenza di Boccaccio.

Ma veniamo alla parte interessante: com’è che il nome di Boccaccio è diventato sinonimo di indicibili zozzonerie? Perché nel 1349 inizia a scrivere la sua opera più famosa: il Decameron, la raccolta di novelle più importante della storia della Letteratura.
Giovanni Boccaccio non si limita a scrivere delle novelle a casaccio, ma le ordina all’interno di una struttura comunemente denominata cornice, cioè fornisce un pretesto per raccontare le storielle (che nella maggior parte dei casi non hanno nulla di pruriginoso).
Siamo nel 1348 e Firenze è devastata da un’epidemia di peste (in cui muore anche Boccaccino). Qui si vede il genio italiano: uno sceneggiatore americano avrebbe tirato fuori da questa situazione:
  •  Dieci stagioni di The Walking Dead 
  • Nel peggiore dei casi un originalissimo film catastrofico in 3D in cui uno dei genitori cerca il figlio e dopo tre ore e mezza di effetti speciali e dialoghi scritti da un opossum che cammina a caso sulla tastiera, finalmente i due riescono a riabbracciarsi.


Invece Boccaccio (a costo zero) piazza sette ragazze e tre ragazzi in una villa fuori città. L’allegra combriccola durante il giorno fa varie attività, ma il problema è svagarsi la sera dato che non si sono portati dietro nemmeno una Settimana Enigmistica. E cosa possono fare di sera dieci ragazzi in una villa abbandonata, senza alcun controllo? Esattamente il contrario di quello che state pensando. Infatti i giovani decidono di scegliere un argomento per ogni giorno e di raccontare una storiella in tema, ad eccezione di Dioneo che è il più giovane e perciò gli viene concesso di non attenersi all’argomento della giornata.

Per i personaggi della cornice Boccaccio sceglie dei nomi “parlanti” che non sto qui ad elencarvi, pure perché non è che appena finito di leggere vi trovate in salotto un professore di Cambridge pronto a interrogarvi.

Il nome Decameron invece viene dal greco e significa “dieci giorni”, cioè l’arco di tempo in cui si svolge la vicenda, facendo due rapidi calcoli capiamo bene che l’opera è composta da cento novelle, numero tondo tondo che richiama l’opera che Boccaccio ammirava di più: la Commedia di Dante Alighieri (sì, lo so che nel Medioevo il cento era un numero particolare, ma a me piace pensare che l’abbia fatto per Dante).

A questo punto dovrei farvi il riassunto di ogni novella, analizzarla, mettere in risalto i temi e esplicitare le fonti, ma già sento il caratteristico tintinnio delle compresse di barbiturico, quindi mettete giù i tubetti e tirate un sospiro di sollievo.
Quello che voglio dimostrare è che il Decameron non è affatto un’opera vietata ai minori. Per farlo non è necessario che lo leggiamo tutto, non che faccia male, ma sinceramente non riesco a immaginarmi nessuno che dopo dieci ore di fabbrica torna a casa e dice alla moglie:

«Ah, finalmente posso leggermi in santa pace il Decameron scritto in fiorentino del Trecento»

Ci basterà perciò fare un esperimento in tre semplici passi:
  1.  Trovare il Decameron in casa
  2. Toglierlo dal tavolo sotto cui lo avevamo messo per evitare che ballasse
  3. Aprire una pagina a caso


La legge dei grandi numeri ci insegna che se apriamo una pagina a caso dieci volte, almeno un paio di volte dobbiamo trovare una caviglia, una coscia, insomma qualcosa di licenzioso, invece con nostro grande stupore leggeremo solo di gente furba, pazza, stupida, fortunata.
A ben vedere le novelle “erotiche” (e non è comunque il termine più esatto) saranno cinque o sei, però tanto per cambiare sono quelle che si ricordano di più e che hanno dato origine all’accezione di boccaccesco che normalmente mi fa cadere le braccia (e sto usando un eufemismo).

Se invece volete una prova scientifica di quello che sto dicendo, basterà dare un’occhiata ai temi delle giornate:
  •  Prima giornata: Tema libero
  • Seconda giornata: Avventure a lieto fine
  • Terza giornata: Ritrovamento o ottenimento di una cosa che si desidera
  • Quarta giornata: Amori infelici
  • Quinta giornata: La felicità raggiunta dagli amanti dopo aver vissuto avventure incredibili
  • Sesta giornata: Risposte argute
  • Settima giornata: Beffe fatte dalle donne nei confronti dei mariti
  • Ottava giornata: Beffe di ogni genere
  • Nona giornata: Tema libero
  • Decima giornata: Avventure di ogni genere vissute con cortesia e magnanimità


Quindi il vero problema di tutto è la Settima Giornata che ha ispirato indimenticabili film come Decameron Pie, che ricordiamo per la magistrale interpretazione di Elisabetta Canalis, superata finora solamente dall’espressione delle triglie surgelate sul banco del pescivendolo.

Non che la situazione a scuola sia migliore, infatti dopo che la prof ha sudato come uno sherpa tibetano per spiegare il Decameron, alla fine è costretta a far leggere sempre la stessa novella da quarantacinque anni: Chichibio e la gru. Roba che anche la più animalista delle professoresse a un certo punto si sarà augurata la completa estinzione di questi simpatici volatili.

Il Decameron è un’opera per tutti, anzi alcune novelle potrebbero essere tranquillamente lette ai bambini al posto delle favole (Hans e Gretel bruciano viva una vecchina dopo essere stati abbandonati dai genitori, per dire). L’importanza di questa opera è tale che ne è stato affascinato anche Chaucer e ne ha fatto un modello per i suoi Racconti di Canterbury, quindi dovremmo considerarci abbastanza fortunati a poterla leggere in lingua originale.

E se proprio non ci va di leggerlo tutto, almeno pensiamoci due volte prima di dire boccaccesco. Potreste salvare la vita a un letterato evitando di fargli partire un embolo.


Aggiornamento e (inopportune) precisazioni...

In seguito alla pubblicazione di questo post mi sono arrivate delle mail simpatiche in cui mi hanno fatto le pulci per tutti i refusi, altre invece non proprio carine in cui ci si chiedeva come mai non mi avessero accompagnato a calci non-mi-ricordo-bene-dove fuori dall'università.
A questi ultimi voglio precisare che:

  1. Questo blog è ignorant-friendly, cioè si rivolge agli studenti con poca voglia di mettersi sui libri, ai miei nonni (che hanno fatto fino alla terza elementare), così come ai puristi della lingua italiana. Per questo motivo, a parte clamorose sviste (ce ne sono, anch'io sono figlio del Creato), tendo ad utilizzare l'italiano dell'uso medio, cioè la lingua parlata dai comuni mortali (confessatelo che anche voi non usate così spesso i congiuntivi)
  2. Se proprio siete dei puristi della lingua italiana, tenete presente che Tullio De Mauro e l'Accademia della Crusca hanno un sito ufficiale che potete leggere beatamente come un eroinomane si fa di metadone per disintossicarsi



Detto questo, vi prometto che in futuro non vi triturerò più le scatole col minipimer con queste  (inutili) precisazioni. 

13 commenti:

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  3. ....oddio!!!! Ma questo è il mio ritratto!!! Io mi incavolo e urlo stizzita improperi di ogni genere pure quando sento qualche oscenità al TG!! Mamma mia...ora m'hai fatto intristire... (però, scusa, ma si può mettere la particella “ci” dopo quella riflessiva e dire: "Si ci deve accontentare"?? No, dico, non ti si attorciglia l'intestino attorno ai polmoni pure a te?!?)

    ...ah, per la cronaca: mi fai morire. Assolutamente... sì. E, sempre per la cronaca, Chaucer usa dei doppi sensi che a confronto Boccaccio è suor Maria Claretta.

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    1. Ti ringrazio per i complimenti. Chaucer è un grande, ma i "Racconti di Canterbury" soffrono della sindrome dei sequel: devono essere per forza esagerati rispetto al primo della serie ("Lo Squalo" docet).

      "Si ci deve accontentare" non l'avevo mai sentito, ma la prossima volta che qualcuno lo usa procurati un lanciafiamme, secondo alcuni è più efficace di qualsiasi manuale di grammatica :D

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    2. ...e quando lo senti dire più e più volte anche da un medico, forse un lanciafiamme è l'unica soluzione davvero O.o

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  4. Io nella mia ACIDA catalogavo foto e articoli di Johnny Depp e Keanu Reeves... Tanto per confermarne l'esistenza anche per le femminucce.

    Non sono propriamente una letterata, ma questa tendenza alla correzione dei testi e delle parole altrui l'ho ereditata in pieno dalla mia mamma maestra... non è una qualità molto apprezzata, nevvero?!

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    1. Considerati fortunata che l'hai ereditata, chi, come me, ci è nato o l'acquisita successivamente rischia il linciaggio in famiglia e con gli amici tutte le volte che corregge un congiuntivo.

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  5. Confesso, anch'io sono affetta dalla sindrome della maestrina (una cosa orribile, perché nemmeno le migliori maestrine sono infallibili). Più che la riflessione sul Decameron, mi ha fatto riflettere la caricatura del letterato. Secondo me, il vero letterato ha una spinta in più nell'analizzare il presente proprio per la sua conoscenza dei meccanismi delle epoche che furono. Un po' come si riesce a fare in questo blog, che mi sembra molto ispirato a Benigni, alla Littizzetto, alla contemporaneità, pur parlando di opere e autori di decenni/secoli fa (per ora). Però, vabbè, era una caricatura e quindi ci stava :)
    Complimenti per il titolo!

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    1. Ti ringrazio innanzitutto per i complimenti. Spero solo che né Benigni, né la Littizzetto leggano mai il tuo commento, altrimenti rischi che ti querelino :D

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  6. Ho appena scovato il tuo blog: mi sto scompisciando.
    Sono giovane e precaria, ma "Chichibio e la gru" l'ho fatta leggere anch'io :D
    Continua così :)

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    1. È l'effetto Matrix, ormai ci hanno assimilato :D. Sono contento che ti piaccia il blog e ti ringrazio per i complimenti (chiedi perdono ai tuoi studenti per aver fatto leggere "Chihibio e la gru") :D

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  7. Ciao, ti faccio i miei complimenti per il blog! Davvero spassoso e illuminante :) Finalmente, dopo tremila esami sostenuti alla facoltà di lettere, è bello vedere l'altra faccia della Letteratura!

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    1. Ti ringrazio tantissimo per i complimenti e benvenuto nel Lato Oscuro della Letteratura :D

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