L’estate è la stagione che preferisco in assoluto. Premetto
che in condizioni normali ho la vitalità di un bradipo alle sei di mattina, ma
d’estate… d’estate amici miei, la musica cambia completamente. Avete presente il video Right here right now dei Fatboy Slim? Quello in cui si
vede l’evoluzione dell’uomo dallo stato unicellulare, passando per i dinosauri
e le scimmie? Ecco, d’estate rivivo il video in questione al contrario, cioè
passo dallo stato bradipo allo stato celenterato. Sarà il caldo, sarà l’umidità,
sarà la continua esposizione a foto su Facebook di persone in costume da bagno
che non fanno che scrivere come si stanno divertendo in spiaggia (ma ti stai
divertendo? allora divertiti invece di scartavetrare le gonadi alla povera
gente che sta a casa!), ma appena mi sveglio, inconsciamente mi dirigo verso il
divano per spiaggiarmi. Tant’è che mio padre tornando da lavoro ha l’abitudine
di pungolarmi con un bastoncino di legno come fanno i bambini con le meduse,
per verificare il mio stato di decomposizione.
Tra l’altro d’estate divento molto più sensibile nei
confronti delle tematiche legate alla terza età. Non sto parlando dell’annoso
problema di quelli che portano con l’inganno i nonni nelle case di riposo e li
parcheggiano lì per tre mesi facendo credere che lo fanno per loro, né
tantomeno di quelli che mentre vanno in spiaggia a farsi il bagno abbandonano
il nonno in macchina sotto al sole dicendo: «Vabbè, ma gli ho lasciato un po’
di finestrino aperto».
Nulla di tutto ciò, signori miei. La cosa che più mi manda in bestia è la
scarsa considerazione che hanno per gli anziani coloro che fanno i palinsesti
televisivi. Secondo costoro infatti appena raggiungi l’età pensionabile, allo
scattare della stagione estiva, vieni colto istantaneamente da demenza senile e
Alzheimer, non si spiegherebbero altrimenti le repliche messe in loop che si ripropongono ogni quindici
giorni, tanto che pure nella Signora in
giallo dopo la sesta volta che mandano in onda la stessa puntata, l’assassino
si costituisce appena parte la musichetta.
A proposito della Signora in giallo, voglio aprire una parentesi che nulla ha a che fare con questo
post, anzi, dato che questo blog è anche uno strumento di denuncia, mi
rivolgerò a lei personalmente.
Jessica, quando stavi alla Rai mi eri simpatica, eri una signora per bene,
certo portavi una sfiga assurda, ma questa è un’altra storia… Eri la nonna che
tutti vorrebbero, il genere di nonna che viene ai colloqui con gli insegnanti
al posto dei genitori, non si sa mai che può rimanerci secca la professoressa
di matematica. Adesso però, Jessica, sei passata a Rete 4, perché? Cosa ti
hanno promesso? Alla Rai non facevano cene eleganti? Non è che un giorno o
l’altro ti ritrovo a fare la meteorina al
TG4 mezza nuda? Dai Jessica, ripensaci, ricordati che sei una scrittrice, mica
un’igienista dentale!
Chiusa parentesi.
Come dicevo, avendo pur sempre un animo operoso (ma solo
l’animo), il fatto che mi areni sul divano peggio di un capodoglio purtroppo
non mi dà la soddisfazione che vorrei, infatti dopo due giorni che i volontari
di Greenpeace vengono a bagnarmi con l’acqua di mare per impedire che mi si
secchi la pelle, vengo assalito dai sensi di colpa per la mia inattività.
A quel punto decido che devo dare un senso alle migliaia di euro che i miei
genitori hanno speso per la mia istruzione e perciò convinco la mia fidanzata a
seguirmi in improbabili mostre di arte contemporanea. Prima di proseguire devo
però mettere in chiaro due concetti:
- Di arte contemporanea non ne capisco nulla, ma essendo fan di Sex and the city, ho scoperto che frequentare queste mostre fa taaaaaaaanto cosmopolita
- Lo so che non è formalmente corretto, ma per arte contemporanea intendo qualsiasi cosa sia stata prodotta appena hanno tumulato Picasso
Andare a una mostra di arte contemporanea è un’esperienza
che prima o poi tutti dovremmo fare, la prima volta naturalmente ci si sente un
po’ in imbarazzo, ma poi capisci qual è il meccanismo, solitamente io faccio
così:
- Mi piazzo davanti a una tela ignorata da tutti e prodotta evidentemente dall’urto accidentale fra un secchio di vernice e uno che è appena uscito da un rave party
- Comincio a parlare a bassa voce con la mia fidanzata mentre traccio ampi cerchi nell’aria a mo’ di spiegazione.
Tempo due minuti e l’opera viene immediatamente rivalutata:
cinque o sei persone vi si affiancheranno cercando di capire cosa stiate
dicendo e facendo di tanto in tanto cenni di approvazione. Come detto
precedentemente, di arte contemporanea non capisco un accidente, perciò il
segreto sta nel non farvi sgamare che in realtà non state parlando di arte, ma
state sussurrando alla vostra fidanzata la vostra disapprovazione per il
calciomercato.
Provare per credere.
Proprio durante una di queste mostre, mentre osservavo una
commovente opera chiamata Viaggio
perpetuo, costituita da due tubi di scarico gettati per terra con sapiente
maestria, mi rallegravo per il fatto che in Letteratura non esista nulla di
simile (no, i libri di Alfonso Marra sullo strategismo
sentimentale non rientrano nella sfera della Letteratura e a quanto pare la
parola strategismo nemmeno nella
grammatica). Dopo la mostra stavo tornando a casa tutto contento, quando mi
sono dovuto accostare su una piazzola di emergenza e sono scoppiato a piangere
mentre la mia fidanzata mi teneva la mano: mi sono ricordato del Futurismo.
Il Futurismo è una corrente culturale e artistica fondata in
Italia agli inizi del XX secolo e, aggiungo io (ma non lo dite a nessuno), la
più sopravvalutata in assoluto.
Per capire bene il Futurismo è necessario ricapitolare brevemente l’epoca in
cui è nato: il Manifesto Futurista
viene pubblicato nel 1909 da Filippo Tommaso Marinetti. Il mondo sta vivendo
un’era abbastanza tranquilla: da qualche anno non ci sono guerre di
“particolare rilevanza”, la crisi del ’29 ancora deve venire, manca qualche
anno alle Guerre Mondiali, le donne (almeno quelle di ceto medio-alto) stanno
cominciando ad emanciparsi. Ebbene in questo clima come se ne esce Marinetti?
Noi vogliamo
glorificare la guerra, sola igiene del mondo, […] il gesto distruttore dei
liberatori […] il disprezzo della donna. Noi vogliamo distruggere le
biblioteche, i musei, le accademie d’ogni specie…
Dite la verità, non è adorabile?
Insomma il Futurismo ce l’ha a morte con tutto ciò che è
venuto prima. In linea generale questo non sarebbe un male, se non fosse per il
fatto che se critico quello che è venuto prima è perché ritengo che posso fare
meglio. Per capirci: Petrarca non amava particolarmente Dante, ma ha scritto il Canzoniere (sì, sì Rerum vulgarium fragmenta, non fate i
pignoli però).
I futuristi perciò criticano tutta la poesia precedente, compresi Carducci e
Pascoli, ci si aspetterebbe quindi che scrivano delle opere immortali che
dovrebbero farci commuovere dal solo titolo, e invece l’apice del Futurismo
italiano è sta roba qua:
Insomma, volendo sintetizzare al massimo, tutto il Futurismo
si può riassumere in una puntata a caso dei telefilm di Batman degli anni ’60, quelli in cui appena c’era una scena
d’azione comparivano i fumetti con le scritte: Bang, Zang, Punch…
I futuristi però non ce l’hanno solo con la poesia del
passato, ma con tutto ciò che è borghese e antipatriottico, per esempio
vorrebbero abolire la pastasciutta: un po’ perché considerata una sorta di
religione tutta italiana, un po’ perché spingerebbe al neutralismo, cioè non invoglierebbe l’uomo all’azione, ed
effettivamente dopo il secondo piatto di pasta al forno nemmeno io sono molto
dinamico.
Il Futurismo ebbe, tra l’altro, anche una parentesi
politica, si avvicinò infatti al fascismo. Tuttavia dire che il Futurismo fu
fascista è un errore, infatti c’era una ristretta minoranza di poeti futuristi
di sinistra. Insomma scrivevano poesie discutibili bipartisan.
Ma allora dobbiamo buttare proprio tutto tutto del
Futurismo? Non proprio.
Ora dovrei raccontarvi di grandissime opere letterarie
futuriste per salvare questo post, il fatto è che non me ne viene in mente
nemmeno mezza, quindi mi limiterò a dire che se non piace a me non è detto che
a voi non possa piacere, perciò compratevi una bella raccolta di poesie
futuriste e fatemi sapere.
Se proprio vogliamo trovare un lato positivo a questa
corrente che si è occupata anche di architettura, pittura e addirittura
gastronomia, consideriamo che partendo da essa che si è giunti al Futurismo
russo e a Majakovskij.
Un po’ come quando stiamo aspettando che inizi il film su Italia 1 e nel
frattempo dobbiamo sorbirci Enrico Papi. So che potete capirmi.
Quindi la prossima volta che state per gettare la lista dopo
aver fatto la spesa, pensateci due volte: potrebbe essere un capolavoro.
E ora, se permettete, ritorno in soggiorno: mi stanno
aspettando i volontari di Greenpeace.